Il lupo italiano rischia l'estinzione.
E' una specie protetta, impiegata per salvare vite umane. Per legge affidata ad un ente pubblico, non può essere commercializzata e per questo rischia di scomparire. Il decreto che deve stanziare i fondi necessari alla sua sopravvivenza è fermo la mesi alla Camera.
Dall'inviato Marco Sassano
TORINO - Salviamo il lupo italiano. Non il terribile animale parlante di «Cappuccetto rosso» o quello sfortunato e danzante di «Pierino e il lupo», ma quel cane leale e fiero che è stato «inventato» trentatré anni or sono dall'incrocio tra una lupa dell'Alto Lazio e un pastore tedesco.
Un prezioso collaboratore dell'uomo nei lavori più duri di ricerca e soccorso, dotato di intelligenza intuitiva e deduttiva, obbediente per convinzione e non per servilismo il lupo italiano è in pericolo per una strana contraddizione: animale protetto quanto altri mai (con un decreto del Presidente della Repubblica
Francesco Cossiga fu istituito nel 1988 l'Ente per la tutela del lupo italiano), non può essere mischiato con altre razze, comprato o venduto, ma solo affidato a chi offra la sicurezza che lo alleverà per farlo lavorare. Proprio per questa sua non commerciabilità, non è un affare e così la sua cura è un costo puro che ricade tutto sull'Ente per la sua tutela che ormai è oberato dai
debiti. Ecco perché è necessario che la Commissione Agricoltura della Camera, presieduta dal Verde Alfonso Pecoraro Scanio, vari definitivamente la legge già approvata dal Senato che dà un poco di fondi pubblici a chi si occupa del lupo italiano. Al tempo stesso deve decollare il
«Progetto Ponte», il cui finanziamento è stato già avviato dalla
Cassa di Risparmio di Torino e dalla
Regione Piemonte, per tappare i debiti dell'Ente
in attesa dei finanziamenti da Roma. Un progetto al quale si sono appassionati il presidente della Fondazione
Einaudi, Zanone, e il presidente della Federazione nazionale dei cavalieri del lavoro,
Alfredo Diana.
Ma torniamo al nostro lupo italiano che rischia l'estinzione per mancanza di fondi. A parlarcene è il presidente dell'Ente che lo tutela, Mario Messi, un anziano ma dinamicissimo signore bergamasco trapiantato a Torino che fu dirigente bancario e che, "deluso dagli uomini" ha deciso di dedicarsi agli animali. Mentre parliamo, due giovani lupi ci saltano attorno, lanciando guaiti d'affetto: incantevoli animali, dallo sguardo profondo e intelligente, a anche se ancora un po' troppo
irruenti.
«II lupo italiano - spiega Mario Messi - con un entusiasmo che non è da meno di quello dei suoi due amici a quattro zampe - è unico perché è la sola razza canina che unisce armonicamente le qualità del lupo e del cane, realizzando quello che fu il sogno inappagato di Konrad Lorenz, il padre della moderna etologia». Nel centro di selezione di Cumiana, campagna a una trentina di chilometri da Torino, un centinaio di lupi italiani sono allevati e allenati da un gruppo di volontari che li preparano per divenire operativi nel Corpo Forestale dello Stato o in reparti di ricerca di persone disperse in montagna e nei grandi disastri.
Questa razza forte e resistente nasce nel 1966 quando,
dall'accoppiamento di una lupa selvaggia e di un pastore tedesco, nasce
«Zorro», un cucciolo che
assomigliava molto alla madre.
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