Tutto, il mondo ce l'invidia:
gli studiosi lo definiscono «la Ferrari dei cani»,
i francesi mettono da parte la loro grandeur e parlano di «miracolo italiano»,
gli americani sarebbero disposti a pagare fiumi di dollari per
«naturalizzarlo».
Stiamo parlando del
lupo italiano, razza canina dalle
prerogative straordinarie discendente da un incrocio di lupo e pastore
tedesco, che rischia incredibilmente l'estinzione per assoluta mancanza
di fondi.
Dopo peripezie ultratrentennali, infatti, il lupo italiano può essere
salvato soltanto dall'immediata approvazione della legge di
finanziamento. Una storia tipicamente di casa nostra dove il genio
italico va a cozzare contro la sregolatezza di chi ci governa, «leale e
fiero, difensore dei bambini e dei deboli, del tutto incapace di
malvagità, incorruttibile, il lupo italiano obbedisce per convinzione e
non per servilismo».
La frase di Mario Messi, laurea in
filosofia, ex alto dirigente bancario, bergamasco trapiantato a Torino,
descrive in modo conciso, ma assolutamente calzante, la sua
straordinaria «creazione».
In questa razza, nata 33 anni fa da un incrocio fra un pastore tedesco e
una delle ultime lupe selvagge dell'Alto Lazio, coesistono accanto alle
qualità domestiche del cane, le superiori caratteristiche fisiche e
comportamentali del lupo selvaggio. Per avere un'idea delle impensabili
prerogative di questo straordinario animale, citiamo fra tutti il parere
di Aldo Taglietti, ex carabiniere istruttore dei corpo cinofilo: «Sono
convinto che sino ad ora siamo riusciti a tirar fuori non più di
venti-venticinque per cento di quello che sa fare il lupo
italiano.
Nonostante ciò, lo ritengo infinitamente "superiore" al
pastore tedesco. E’ insuperabile nella ricerca di droga ed esplosivi e
la sua resistenza fisica e agilità vincono il confronto con gli altri
cani. A scopo dimostrativo sono disposto a fare un'esibizione pubblica
nel corso della quale dimostrerò che il lupo italiano può battere
tranquillamente il record mondiale di salto in alto che è di 3,72
metri: lui può superare con facilità i 4 metri».
Un superbo esemplare di lupo italiano è l'inseparabile guardia del
corpo del comandante
Ultimo, un ufficiale delle «teste di
cuoio» che ha arrestato un pezzo da novanta di Cosa nostra.
Non abbandona per un solo attimo il suo padrone e si farebbe uccidere
per difenderlo: i suoi attacchi, quando è lanciato a 70 chilometri
l'ora, sono micidiali. E adesso il comandante Ultimo si è offerto di
fare da testimonial, insieme con la campionessa di sci di fondo
Stefania Belmondo, alla razza che
rischia l'estinzione.
Il lupo italiano ha una storia incredibile e affascinante allo stesso
tempo.
Nel 1966 Mario Messi si trovò ad avere un cucciolo maschio nato da un
incrocio fra un pastore tedesco e una delle ultime lupe selvatiche
provenienti dall'Appennino nell'Alto Lazio.
Il cucciolo fu battezzato Zorro ed
è da ritenersi il capostipite della razza (Canis lupus italicus
familiaris). Partendo da questo fortunato incrocio, in seguito Messi,
attraverso una severa programmazione genetica riuscì a fissare
stabilmente le caratteristiche intermedie che si sono poi trasmesse in
maniera omogenea e costante. La riuscita di questa razza (un incrocio
simile fu tentato senza fortuna da Conrad Lorenz) ha portato ad un
patrimonio genetico irripetibile con riscontri scientifici culturali e
di pubblica utilità.
E adesso il lettore si domanderà: chissà quante onorificenze e
ricchezze avrà accumulato l'«inventore» di questa meraviglia, della
natura.
Vi sbagliate, siamo pur sempre nella nostra Italietta che sembra divertirsi troppo spesso a umiliare i suoi figli migliori.
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